venerdì 28 gennaio 2011

La pratica è nel mondo



Non occorre separare il Dhamma dalla vita quotidiana. Abbiate semplicemente la consapevolezza e la chiara comprensione ( sati sampajanna) dell'azione senza agente. Non solo le azioni saranno giuste e senza errori, me è un modo di fornire al Dhamma uno sviluppo e una crescita straordinari. Questo è vivere normalmente e naturalmente nel non avere e nel non essere.( Buddhadasa)

domenica 23 gennaio 2011

Superstizione e Buddhismo



Non avvicinatevi al Buddha o al Buddhismo (o ai monaci) con  motivazioni erronee quali il desiderio di perpetuare la realizzazione di pratiche superstiziose come la magia nera, perché tali pratiche sono radicate nel'attaccamento al senso dell'IO o del MIO al punto tale da diventare i nostri carcerieri.
Da:A consigned legacy from Buddhadasa Bhikkhu.

venerdì 7 gennaio 2011

Teoria e pratica

Come comprendere il Dharma

"Coloro che si limitano a leggere i libri non potranno comprendere l'insegnamento, e oltretutto, rischieranno di andare fuori strada. Ma coloro i quali si esercitano ad osservare ciò che accade nella loro mente,  tenendo la vera natura della propria mente come proprio standard , non saranno mai confusi. Costoro, saranno capaci di comprendere la sofferenza, ed in fine comprenderanno il Dharma. Allora comprenderanno i libri che leggono". - Buddhadasa Bhikkhu

giovedì 6 gennaio 2011

I PUNTI FONDAMENTALI DEL BUDDHISMO


Buddhadasa



Perché un punto si possa definire un "fondamento" del buddhismo, deve rispondere a due requisiti. Primo: tendere all'estinzione di Dukkha (sofferenza,dolore). Secondo: possedere una coerenza interna sperimentabile direttamente,senza dover ricorrere alla fede in un altra persona. Sono due requisiti imprescindibili.
Il Buddha rifiutò di occuparsi di tutto ciò che non conduce all'estinzione di dukkha, senza prenderlo neppure in considerazione. Poniamo il caso della rinascita dopo la morte. Che cosa rinasce? In che modo? Quale è la sua "eredità karmica"? problematiche che non conducono all'estinzione di dukkha e, in quanto tali,non appartengono e non hanno il minimo rapporto con l'insegnamento del Buddha. Non fanno parte della pratica buddhista. Inoltre, chi pone tali domande dovrà credere indiscriminatamente in qualsiasi risposta benché ad essa non si accompagni nessuna prova. L'interrogante non ha modo di verificare personalmente,ed è quindi costretto a credere ciecamente alle parole altrui. A poco a poco l'argomento si allontana dal Dhamma e si trasforma in qualcosa di completamente diverso,estraneo al problema dell'estinzione di Dhukka.

Il dhukka costituisce la problematica fondamentale dell'essere umano. A livello esperienizale, il dukkha è ciò che la mente esperisce quando, sollecitata dall'ignoranza dà origine al desiderio,all'attaccamento,all'egoismo; Crea un vissuto psicologico che và dalla delusione e l'insoddisfazione alla frustrazione,l'irrequietudine,l'angoscia,il malessere,la disperazione.
Dukkha è il carattere insoddisfacente,l'imperfezione e l'infelicità insiti nei fenomeni impermanenti e condizionati.Taali caratteri sono il risultato di Anicca (la realtà dell'impermanenza), in quanto ciò che è impermanente non può soddisfare i desideri,per quanto tentiamo(e ci disperiamo). 
ringraziamenti per la trascrizione.

lunedì 3 gennaio 2011

La Vita è tutta sofferenza?

Estratto da: Il cuore dell'albero della Bodhi- Ubaldini
Buddhadasa Bhikkhu

Non avendo studiato o esaminato a fondo l'insegnamento del Buddha sul Dukkha*, lo abbiamo frainteso, dandogli il significato che nascita, vecchiaia e morte sono di per se stesse dukkha. In realtà, non ne sono che i veicoli. Il Buddha compendia la sua spiegazione del dukkha nella sentenza: "sankhittena, pancupadananakkhanda-dukkha", "in breve, i cinque aggregati dell'attaccamento (upadana) sono dukkha".( i cinque aggragati, o khanda sono i componenti dell'essere umano). Ciò significa che qualunque cosa che prova o suscita attaccamento come io-mio è dukkha. Qualunque cosa che non prova o suscita attaccamento come io-mio è priva di dukkha. Perciò nascita, vecchiaia,malattia e morte, se non sono fonte di attaccamento come io-mio non sono dukkha. Solo quando c'è attaccamento a esse come io-mio, diventano dukkha. Ciò vale tanto per il corpo che per la mente. Non pensate che il dukkha sia connaturato al corpo-mente. Corpo e mente diventano dukkha solo quando vi è l'attaccamento all'io-mio. Nel corpo e mente puro e libero da contaminazioni, cioè nell'arahant, non c'è nessuna forma di dukkha. Dobbiamo vedere che l'io-mio è la causa radice di tutte le forme di dukkha. Ogni volta che c'è attaccamento, ci sono le tenebre dell'ignoranza (avijja). Non c'è chiarezza, perché la mente non è vuota: è agitata, turbata, ed eccitata dal senso dell'io-mio. All'opposto, la mente libera dall'attaccamento all'io-mio è vuota, serena e pacificata nella consapevolezza a nella saggezza ( sati panna).

*Dukkha indica lo stato afflitto di sofferenza, il disagio interiore, e la natura insoddisfacente e dolorosa dell'esistenza condizionata dall'ignoranza e dall'afferrarsi all'io-mio.

L'afferrarsi inconsapevole all'io-mio che produce il conflitto interiore