mercoledì 23 giugno 2010

La meditazione di consapevolezza



La consapevolezza del respiro costituisce la meditazione,o sviluppo mentale,più largamente praticata e insegnata dal Buddha Gautama,conservata e trasmessa per più di 2500 anni.
Forme di consapevolezza del respiro sono attestate prima del Buddha che le perfezionò includendole nel proprio insegnamento.La pratica perfezionata di consapevolezza del respiro insegnata dal Buddha conduce alla realizzazione della massima potenzialità umana: l'illuminazione.
Il termine pali delle scritture buddhiste è Anapanasati.I testi descrivono in dettaglio la pratica,che viene ulteriormente spiegata nei commentari.Nel corso dei secoli si è sviluppata un'immensa letteratura,a cui Achaan Buddhadasa è ricorso,con speciale riguardo alle parole del Buddha,per la propria pratica.Dalla sua esperienza personale deriva una grande quantità di insegnamenti.
Esercitando la presenza mentale del e nel respiro,sviluppiamo e rafforziamo la mente e lo spirito.Impariamo a rilassare il corpo e a calmare la mente.Con la mente calma e chiara possiamo esaminare come la vita,il corpo e la mente stessa si dispiegano. Scopriamo la natura fondamentale dell'esistenza e impariamo a vivere in armonia con essa.Nel frattempo restiamo ancorati al respiro,nutriti e alimentati dal respiro.Questa è la nostra pratica.


mercoledì 9 giugno 2010

Questioni religiose

Imparare dalla natura

Fratello, che tipo di religione insegni?
Chi ti ha detto che seguo la religione!
Fratello, tu ci insegni alla maniera di un profeta?
Questo è una tua idea!
La frase ' nessuna religione' mi confonde
Studia la legge di natura, è abbastanza!
Ma, non è ciò religione, o cosa?
Osserva la natura ed essa farà il resto!
Perché allora, non chiamarla religione?
E' semplicemente la normalità, naturale, nient'altro!
Allora cos'è la religione?
Bande di noiose autorità impegnante ad infarcire la testa della gente!
Acharn Buddhadasa

lunedì 7 giugno 2010

Socialismo e Dharma Buddhista nel pensiero di Buddhadasa.



Estraggo alcuni spunti interessanti dal saggio di Buddhadasa intitolato 'Socialismo Dhammico'

tutte le tradizioni spirituali hanno uno sfondo socialista; non sono democrazie individualistiche in cui tutti agiscono a proprio piacere. I fondatori (sasada) delle religioni vogliono che gli uomini vivano nel rispetto dei principi sociali e operino nell' interesse della società. Ogni volte che il vantaggio personale viene anteposto al bene comune, si fanno avanti gli inquinanti mentali e si cade sotto il dominio degli appetiti individuali. Sopratutto il Buddhismo si può definire una tradizione sapienziale socialista.
Una buona definizione del vero socialismo è il principio di non prendere di più di quanto serva, in modo che restino beni da ripartire tra i bisogni di tutti. Tanto nei discorsi del Buddha che nelle regole monastiche viene detto che un monaco deve limitarsi ai bisogni primari.
facciamo un esempio: un monaco ha diritto a tre soli abiti. Più di tre è considerata una violazione della disciplina. Se entra in possesso di abiti in sovrannumero, il monaco è tenuto a farne dono al Sangha, la comunità dei monaci.... tali regole servono a garantire che il monaco non disponga di cose che eccedono i bisogni, di modo che tutti i membri della comunità ne siano ugualmente forniti. Una ciotola di cibo deve bastare. Chi ne riceva in misura maggiore, deve ripartirlo con la comunità...

* * *
I problemi che dobbiamo affrontare sono prodotti dall'aggregazione sociale. Nell'età della pietra, quando gli individui vivevano isolati o in piccoli gruppi, non esistevano. I problemi sociali sorsero con l'aumento della popolazione e la progressiva aggregazione in gruppi sempre più numerosi. Crescendo e sviluppandosi i gruppi in una dinamica di oppressione reciproca, i problemi hanno assunto proporzioni drammatiche.
Poiché si tratta di problemi indotti da un contesto sociale, e non solo individuale, dobbiamo prendere in considerazione la causa: la società.
qualunque sia il sistema a base del funzionamento del gruppo, deve richiamarsi a principi che vogliano il bene della comunità, non il vantaggio di un individuo o di pochi. Se l'interesse personale viene preposto a quello comune, i problemi non si possono risolvere.
Lo spirito del Socialismo è la realtà naturale (dhamma jati), Il fine del socialismo è seguire la via della natura. limitando la proprietà ai reali bisogni viviamo in armonia con le leggi di natura, che ne siamo consapevoli o no....

Secondo i testi buddhisti, i problemi sorsero nel momento in cui qualcuno ebbe l'idea di accumulare scorte, causando di conseguenza scarsità agli altri. con la tesaurizzazione dei beni, nacque il problema della diseguaglianza nella distribuzione e nell'accesso ai beni. Col tempo i problema si aggravò. I capi detenevano l'accesso alle scorte del gruppo. Le lotte divennero inevitabili. La tesaurizzazione del surplus era già iniziata quando l'uomo primitivo abitava le foreste, e proprio per limitarne gli abusi vennero sviluppati i sistemi morali..
Tratto da: Socialismo Dhammico.



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domenica 6 giugno 2010

Meditazione Vipassana

Cos'è la meditazione Vipassana?
La Vipassana (visione profonda) è un training finalizzato alla elevazione delle mente ad un livello tale da non essere più soggetta alla sofferenza. La mente si libera dalla sofferenza tramite la chiara conoscenza che non c'è nulla a cui valga la pena di afferrarsi.Tale conoscenza priverà le cose del mondo della loro capacità di trascinare la mente in ulteriori insensati stati di attrazione o repulsione. Con tale conoscenza, la mente trascenderà il condizionamento mondano e raggiungerà il livello conosciuto come stato sovra mondano lokuttarabhumi.
Achaan Buddhadasa.
Tratto da: emancipation from the world.


sabato 5 giugno 2010

Note sul concetto di rinascita nel pensiero di Buddhadasa

Cari amici,

In merito al concetto di Punabhavabinibatti o processo del ridivenire Acharn Buddhadasa sosteneva che tale processo non sia tanto un processo esteriore di tipo metafisico come spiegato nel Brahmanesimo, ma un processo psicodinamico che avviene ad ogni contatto sensibile. ( Anche altri riformatori quali Bhante Punnaji, Nanavira Thera, ed in parte anche Phra Payutto sostengono una tesi simile.)
Il Buddha utilizzava una terminologia prettamente indù, ( e non potrebbe essere altrimenti), dandogli però un significato diverso, svuotando quei termini del loro significato tradizionale e riempiendoli di nuovi significati.
Questo, a mio avviso è un modo per superare la famosa contraddizione tra il non sè dei fenomeni insegnata dal Buddha e la credenza nell'esistenza di un qualcosa che dovrebbe passare da un cadavere ad un embrione.
Spiegare il ridivenire in questi termini collima con quanto spiegato dal Buddha sulla mente nei sutta, come ad esempio il Dhatuvibhanga Sutta, il Mahatanhasankhaya sutta, il kejjavijjha sutta del Samyutta Nikaya ed altri ancora sparsi per tutto il canone.
Il Buddha spiegava il processo della cognizione (vinnana) come un processo inter-dipendete, istantaneo e dinamico, che sorge solo quando sono presenti le cause sufficienti:
1: l'oggetto di cognizione,
2: la coscienza sensoriale( cognitore mentale incluso)
3: l'organo di senso.
Stando così le cose, risulterebbe difficile far coincidere una simile spiegazione con l'idea che il cognitore mentale possa ad un certo punto diventare indipendente e statico per poi passare da un corpo ad un altro.
Mi sembra abbastanza evidente che i Buddhisti nel tentare di coprire una simile contraddizione abbiano dovuto attingere a concetti Bhramanici, con il risultato di aver distorto l'insegnamento originale del Buddha storico, un po' come fa Pizza Hut, che commercializza pizze all' ananas spacciandole per l'autentica pizza italiana agli ignari i non italiani sparsi per il globo..
In seguito, I buddhisti sostenitori dell'idea della rinascita letterale dovettero creare nuovi concetti come ad esempio quello dell' alaya vinnana, la coscienza di base che sarebbe, secondo la scuole mahayana cittamatra/vinnanavada ciò che effettivamente passa da una vita all'altra. E' da ricordare che tale dottrina fu sviluppata solo in seguito, e non si ritrova nell'insegnamento preservato nel canone pali.( In base al principio del Mahapadesa o grande standard insegnato dal Buddha stesso, tale dottrina non sarebbe quindi una dottrina da attribuire al Buddha)
D'altro canto, è anche vero che nei sutta si parla anche della rinascita letterale, ma più che altro sembrerebbe un mezzo abile usato dal Buddha per veicolare la pratica dell'etica o siladhamma, per persone di livello medio-basso.
ai convinti sostenitori del brahmanesimo e ad altri non esperti nel Dhamma egli parlava in termini convenzionali di sè,e della rinascita, mentre ai monaci più preparati ed esperti nel Dhamma parlava del non sè, della non rinascita.
Per comprendere tale metodo a "due velocità" sarebbe consigliabile la lettura del testo intitolato ' due tipi di linguaggio' o two kinds of languages.
Cercherò di postare i testi dei discorsi canonici in qui il Buddha parla di questi argomenti, del non sé, e dell'impossibilità della rinascita letterale della mente.
con metta,
D.

venerdì 4 giugno 2010



In basso si legge: Il Buddha attaccò il potere clericale...
Dipinto all'interno del teatro per l'intrattenimento spirituale,
Wat Suanmokkhabalarama ( Monastero nel giardino della forza della liberazione)