L’ ABC del Buddhismo
(14 Ottobre 2525/1982)
di Buddhadasa Bhikkhu
Amici! So che siete interessati allo studio e pratica della via buddhista per superare i problemi della vita, che potremmo riassumere in: nascita, malattia, decadimento e morte.
Vorrei perciò aiutarvi a comprendere questo argomento, in accordo alle mie capacità; comunque, vorrei precisare che la mia conoscenza della vostra lingua non è perfetta. Il mio è un inglese da autodidatta.
Così dovrete stare molto attenti, e cercare di comprendere ciò che sto tentando di dirvi. Questa non sarà una conferenza formale, ma piuttosto una specie di conversazione informale.
Vi è stato detto che il Buddha risvegliandosi scoprì il Dhamma, Vorrei parlarvi di quel Dhamma che fu scoperto dal Buddha nel momento del suo risveglio.
Quel Dhamma è definito “la legge di natura” o la legge di causa ed effetto.( Idapaccayata)
Il termine “legge” in inglese è grossomodo equivalente al termine Tailandese“gote”. Così in Tailandese diciamo gote idapaccayata. Comunque sia, il termine Tailandese gote ha un significato più vasto del termine legge.
Nonostante ciò, utilizzeremo lo stesso questo termine, in quanto è il termine più comunemente usato nelle traduzioni.
La legge naturale è ciò che c‘è di più alto nel Buddhismo. E’ l’equivalente di “Dio” nel Buddhismo. Il Buddha si risveglio a questa legge, e immediatamente dopo elogiò tale legge. Egli disse che tutti i Buddha, quelli del passato, così come quelli del futuro, elogiarono ed elogeranno questa legge del Dharma.
Questa legge è dotata da sei qualità che sono anche gli attributi di Dio, ovvero la caratteristica di:
1.Creare,
2.controllare,
3. distruggere,
4.omninpotenza
5.omnipresenza
6.omniscienza
Chiunque sia dotato di queste sei qualità è chiamato Dio; noi Buddisti abbiamo questa Legge Naturale come entità suprema, e guardiamo a questa legge come all’entità suprema che è dotata di queste sei caratteristiche.
Questo è l’unico Dio accettabile dagli scienziati moderni. E’ la Legge Naturale che non può essere creata da nessuno.
Se c’è qualcuno a qualcosa che crea qualcosa, quella non è la legge, non è il gote, nel senso che questa parola ha in Tailandese, specialmente non è la legge dell’Idapaccayata. Questa legge è unica e include tutte le altri leggi, - tutte le leggi naturali- non le leggi create dall’uomo. Questa legge è insita in ogni atomo che compone il nostro universo e gli altri universi, sia in senso fisico che mentale.
Dobbiamo conoscere questa legge per bene, in quanto tale legge è ciò che governa la nostra vita ed è la causa tutti i nostri problemi. Gli esseri umani otterranno felicità o tristezza tramite l’agire in maniera coerente o meno in riguardo a questa legge, e non attraverso il potere di un Dio personale, e neanche come risultato delle proprie azioni o Karma. Ne parleremo nell’ultimo punto più avanti.
Se ci sarà pace nel mondo o meno dipenderà dal comportarsi in maniera appropriata in riguardo a questa legge.
Vi invito a riflettere su quanto sto per dire in modo da poter valutare il potere di questa legge.
Supponiamo che tutti gli dei vogliano punirci. Potremmo superare il loro potere ed essere liberi dalle loro punizioni comportandoci in accordo a tale legge.
Oppure, supponiamo che gli dei vogliano benedirci. Nonostante ciò, se ci comportiamo in maniera scorretta in accordo alla legge della causalità, magari perché vogliamo essere felici, non ci sarà alcun modo in cui noi potremo ricevere le loro benedizioni. Possiamo notare come questa legge controlli ogni cosa, siano esse cose animate o inanimate. Tuttavia, i problemi sorgono e si manifestano solo nelle cose animate.
La legge della causalità può essere vista come l’equivalente di Dio nelle religioni monoteistiche. Questo Dio è indescrivibile e inclassificabile. Non possiamo conoscere “costui” perché non assomiglia a nessuno che conosciamo.
La legge della causalità- il Dio in questione- è la causa prima e la causa che sostiene ogni cosa ed in ogni momento nel nostro universo; E’ ciò che crea sia le cose positive che quelle negative. Esistono sia risultati positivi che negativi, e tutto a causa di questa legge naturale. Se “costui” fosse un Dio personale “egli” sceglierebbe di creare solo cose positive. Se non desideriamo lo spiacevole, dobbiamo comprendere la legge positiva. Potremmo quindi avere dei risultati positivi praticando in accordo a tale legge.
Il modo di praticare per risolvere tali problemi è detto Dhamma. Il vero problema degli esseri umani è la sofferenza, sia quella individuale, che quella sociale. Gli esseri senzienti soffrono quando agiscono in contrasto con la legge della causalità nel momento del contatto (phassa). Vorrei che conosceste questo tema in maniera completa, in quanto è l’essenza del Dhamma, così lo ora lo ripeterò.
Tutti gli esseri senzienti incontreranno la sofferenza comportandosi in maniera scorretta in riguardo alla legge della causalità o idapaccayata al momento del contatto (phassa); Gli esseri senzienti non incontreranno la sofferenza se si comporteranno in maniera corretta in riguardo a questa legge; tutto ciò è vero specialmente nel momento del contatto.
Ora esamineremo la legge naturale in dettaglio. E’ l’A B C del Buddha Dharma.
Alle volte è chiamata Paticca-samuppada. Insieme, idapaccayata-paticca-samuppada significa: la legge di causa ed effetto, ovvero l’origine di ogni cosa dipendente da condizioni. In breve diciamo: l’originazione dipendente di ogni cosa.
Ma in questo contesto vogliamo discutere solamente ciò che concerne i problemi degli esseri viventi, la sofferenza umana e l’insoddisfazione.
Per comprendere il processo del condizionamento causale dobbiamo cominciare prendendo in considerazione le ayatana, ovvero le sei basi sensoriali e i loro rispettivi sei oggetti dei sensi. Gli ayatana interni sono gli organi sensoriali: occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente. Questi sono dentro di noi. Gli ayatana esterni sono le forme, i suoni, gli odori, i sapori, il tatto e le idee o pensieri nella mente.
Notate come gli occhi entrano in contatto con le forme, le orecchie entrano in contatto con i suoni, il naso entra in contatto con gli odori, la lingua entra in contatto con i sapori, il corpo entra in contatto con gli oggetti tattili, e la mente entra in contatto con le idee. Così abbiamo sei coppie di ayatana. Cerchiamo di comprendere come ciò avviene, nel processo di condizionamento, iniziando con la prima coppia, gli occhi e le forme, per esempio.
A causa dell’ incontro degli occhi con le forme sorge la coscienza visiva. Ora abbiamo tre cose: l’occhio, la forma e la cognizione. Quando questi tre s’incontrano nasce il contatto (phassa). Questo è un aspetto molto importante da comprendere e studiare, perchè Il contatto è il momento in cui l’ignoranza si può manifestare o meno.
Se ci sono le condizioni per l’insorgere dell’ignoranza, le cose andranno nella direzione sbagliata e ciò causerà il sorgere della sofferenza.
Ma se al momento del contatto siamo dotati di un’adeguata consapevolezza e saggezza a presidiare il momento del contatto, non c’è modo, non c’è possibilità per l’ignoranza di sorgere. Sarà quindi un contatto che non potrà essere la causa del sorgere della sofferenza. Dobbiamo studiare, praticare ed addestrarci in modo avere consapevolezza e saggezza da poter impiegare esattamente al momento del contatto.
Approfondiremo questo discorso più avanti.
Ora spiegherò in dettaglio il processo della coproduzione dipendente.(Paticca-samuppada)
Se al momento del contatto c’è ignoranza, -lo chiameremo contatto ignorante- tale contatto causerà il sorgere di una sensazione “cieca,” o ignorante; potrebbe essere una sensazione piacevole o spiacevole, ma comunque ignorante. La chiamiamo sensazione cieca o sensazione ignorante.
Tale sensazione (Vedana) causerà la nascita del desiderio cieco o desiderio ignorante. Con “desiderio cieco” (tanha) intendiamo un desiderare cieco, un desiderare ignorante, un desiderio erroneo, non un semplice desiderare. Dovete comprendere tutto ciò. Quando usiamo il termine desiderio, intendiamo quindi il desiderio cieco, il desiderio dettato dall’ignoranza, espressione dell’ignoranza.
Tale desidero cieco(tanha) causerà il sorgere dell’afferrarsi (upadana). L’afferrarsi che sorge dal desiderio cieco o ignorante è esso stesso ignorante.
L’afferrarsi può nascere in relazione a qualsiasi cosa con cui si viene in contatto, incluso l’interpretazione di questo o quel termine, ( punti di vista e opinioni) o l’afferrarsi a quella cosa come “mia” e a quest’altra cosa come “Io.”
Dovreste comprendere cosa sono i cinque aggregati (khanda in pali o skhanda in sanscrito), perché l’afferrarsi di cui si parla è un afferrarsi a questi cinque khan.
Il primo aggregato è il corpo. Quando il corpo è pienamente funzionante, la mente ignorante ci si attacca considerandolo come il proprio Io, o come qualcosa di “mio” in altri casi. Così possiamo vedere alcune persone generare avversione nei confronti del proprio corpo, con cui si identificano; in altri casi costoro considerano il corpo come esso se gli appartenesse davvero, come il “mio” corpo. Questo è il primo khanda, l’aggregato della corporalità( rupa-khanda)
Il secondo aggregato è quello delle sensazioni (vedana-khanda). Quando sorge una qualsiasi sensazione nella mente, la mente ignorante la registra come la “mia” sensazione, o come Io sono questa sensazione.
Il terzo aggregato è chiamato discriminazione (sanna-khanda). La sua funzione è di discriminare qualcosa come “questo” o “quello“, come “questi” o “quelli“, oppure come questa è la “mia felicità“ o la “mia sofferenza,” o come “buono” e “cattivo.”
In alcuni casi, la mente si afferra alla discriminazione percependola come il proprio Io. In altri casi, la discriminazione è considerata come “mia”, la “mia discriminazione.” possiamo notare che lo stesso elemento può essere afferrato in due modi, come colui che agisce o come l’atto in se stesso.
Poi abbiamo il quarto aggregato soggetto all’afferrarsi, chiamato sankhara-khanda. Sankhara in questo caso ha un significato speciale. Letteralmente sankhara ha il significato di formare, ma in questo contesto specifico indica le formazioni mentali, i pensieri. Come verbo sankhara significa condizionare, far sorgere, causare. Come pronome ha il significato di formazione, che comprende sia l’atto del formare, come anche lo stato di aver formato, o entrambi.
In questo caso sta ad indicare il pensare, perché pensare è far sorgere o causare la nascita del concetto che si sta formando proprio ora nella mente della persona ignorante.
Così uno si attacca a ciò pensando “Io penso” o “questi sono i miei pensieri.” dovreste cercare di notare tutto ciò, riflettendo da voi; osservate come l’afferrarsi lavori in questi due modi.
Ora passiamo al quinto ed ultimo Khanda. L’aggregato delle coscienze (vinnana-khanda).
Esso include la cognizione di tutto ciò che entra in contatto con gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, il corpo e la mente. La persona ignorante si attaccherà alle coscienze, o all’insieme delle coscienze come “questo è il mio Io”, l’Io che è cosciente; altre volte si attaccherà a ciò pensando “queste sono le mie coscienze” queste sono le due modalità.
Così, abbiamo in tutto cinque gruppi a cui attaccarsi. Potete osservare come diveniamo attaccati a molte cose, sia dentro che fuori di noi, come ci attacchiamo ed afferriamo a queste cose. Tutto ciò avviene per mezzo della mente, come “ Io” o come “mio.” Sono entrambi concetti erronei, che non corrispondono cioè alla realtà.
In ogni caso, è solamente attraverso l’ignoranza che i concetti di “Io” e “mio” sorgono in relazione a tali fenomeni.
Ora, torniamo all’afferrarsi che si sviluppa nel processo di Idappaccayaata. Questo afferrarsi causa il sorgere dell’esistenza (Bhava). Bhava è il venire ad essere di qualcosa, ovvero del senso illusorio di un Io. Il sorgere del sé o Io è causato dall’afferrarsi. C’è l’afferrarsi a qualcosa di illusorio tramite pensieri illusori che come conseguenza causano il venire ad essere illusorio. (bhava). A questo punto è venuto ad essere un sé, anche se ancora al suo stadio infantile. Tutto ciò è chiamato Bhava o divenire.
Il divenire causa il sorgere della “nascita” (jati).A questo stadio il Se è pienamente formato e pronto per svolgere la sua funzione: essere un “Io,” un “uomo,” un “sé.” In questo momento c’è un sé, quella cosa immaginata come il proprio “sé” o “Io.” Ora l’Io illusorio è sorto nel processo del sorgere dipendente.
Questo “Io” pensa, agisce e parla in dipendenza dell’afferrarsi. Quindi l’ Io agisce e parla in maniera ignorante, come ad esempio “questo sono Io” o “questo è mio,” o anche “ questa è la mia nascita, la mia vecchiaia, la mia malattia, la mia morte.” Ogni cosa si trasforma in un problema per un tale sé, e questo causa un sacco di problemi alla mente, cosi che la mente sperimenterà sofferenza ed insoddisfazione in qualsiasi situazione.
Questo è il sorgere dipendente, il modo in cui si manifesta la sofferenza nella mente-cuore. In realtà, la sofferenza sorge nella mente, anche se come abbiamo già detto, si pensa che ciò accada all‘ Io.
Comunque, se abbiamo un’ adeguata consapevolezza-saggezza, possiamo apportare tale consapevolezza e saggezza in questo processo nel momento del contatto. Per mostrare come, ripeteremo l’intero processo dall’inizio.
In dipendenza dell’incontro tra l’organo visivo e la forma, sorge una coscienza visiva. Questi tre insieme causano la nascita del contatto (Phassa). Ora, nel caso di una persona dotata di un’adeguata consapevolezza-saggezza, costui, al momento del contatto potrà usare tale consapevolezza-saggezza per governare il contatto. Così sarà un contatto improntato alla saggezza.
Tale contatto saggio, non produrrà una sensazione ignorante, ma una sensazione improntata alla saggezza. Siccome la causa è governata dalla saggezza, quel contatto farà nascere una sensazione saggia (non afflitta). La sensazione saggia non potrà far sorgere il desiderio cieco, ma causerà il sorgere di un desiderio saggio o desiderare con saggezza (volizione non afflitta). Dobbiamo distinguere questa modalità da quella del contatto ignorante. Il contatto saggio o contatto risvegliato farà nascere una sensazione saggia, sia che l’esperienza sia di tipo piacevole o spiacevole.
Questa è la sensazione saggia nata attraverso la consapevolezza. Tale sensazione non potrà causare la nascita del desiderio cieco, ma solo del desiderio saggio, che non può neanche essere chiamato desiderio.
Quindi abbiamo il desiderio saggio. Tale desiderio saggio non può causare il sorgere dell’afferrarsi.
Così non ci sarà afferrarsi al concetto illusorio dell’“Io” e del “mio,” quindi niente venire ad essere del sé e niente nascita del sé.
Non ci sarà alcun “sé”, ovvero niente “Io” o “mio.” quindi niente potrà venire in contatto con questo Io, perché senza Io non ci sarà più alcun problema per la mente.
Così abbiamo visto il sorgere dipendente come processo della NON nascita dei problemi nella vita degli esseri umani.
Potete notare come vi siano due tipi di sorgere dipendente: il primo governato dall’ignoranza ha come risultato la sofferenza. Il secondo governato attraverso la consapevolezza-saggezza segna la fine di tutti i problemi.
Questa è la legge naturale che non è stata creata da nessuno; questa legge si sostiene da sé.
Dobbiamo comprendere ciò. Questo è ciò che il Buddha scoprì al momento del risveglio.
Egli si risvegliò a questa legge, conosciuta con il Dharma supremo, inchinandosi ad essa al
momento del risveglio. Consideriamo questo Dharma, il Dharma del sorgere dipendente, come l’entità suprema. Può essere considerata come il Dio dei buddhisti. È un Dio immortale e impersonale. Vorrei che voi comprendeste tutto ciò. Questa è la via buddista per l’emancipazione da tutti i problemi.
Ora vorrei ricapitolare ciò di cui abbiamo parlato. Questo è l’A, B, C, del Dharma Buddhista.
Ognuno di noi dovrebbe cominciare a studiare e a praticare il Buddha-Dharma partendo da questo A, B, C, del Dharma.
Imparate dalla vostra vita quotidiana attraverso gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, il corpo e la mente, mentre questi stanno svolgendo la loro funzione di vedere, sentire, odorare, gustare, toccare e pensare.
Non cercate di imparare queste cose tramite i libri, puntate all’esperienza diretta.
Ci sono il corpo e gli organi di senso che entrano in contatto con le cose intorno al corpo.
Abbiamo occhi, orecchie, naso e lingua, e quindi dovreste comprendere il loro funzionamento attraverso questi stessi organi.
Se volete studiare il Buddha-Dharma e comprendere il Buddha-Dharma, dovete cominciare dallo studiare queste cose, il cosiddetto A B C del Buddhismo.
Non cominciate i vostri studi dagli immensi sistemi filosofici pre-buddhisti indiani o in modi simili.
E’ inutile studiare quelle cose. Vorrei invitarvi a studiare il Buddha-Dharma iniziando da queste sei coppie di Ayatana: i sei organi di senso e i loro rispettivi oggetti sensoriali nel momento del loro funzionamento nella vostra vita di tutti i giorni.
Non dovreste cominciare da un libro, da un sermone o da un discorso. Tutto ciò vi sarà inutile se volete arrivare al cuore del Dharma.
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Così dovrete stare molto attenti, e cercare di comprendere ciò che sto tentando di dirvi. Questa non sarà una conferenza formale, ma piuttosto una specie di conversazione informale.
Vi è stato detto che il Buddha risvegliandosi scoprì il Dhamma, Vorrei parlarvi di quel Dhamma che fu scoperto dal Buddha nel momento del suo risveglio.
Quel Dhamma è definito “la legge di natura” o la legge di causa ed effetto.( Idapaccayata)
Il termine “legge” in inglese è grossomodo equivalente al termine Tailandese“gote”. Così in Tailandese diciamo gote idapaccayata. Comunque sia, il termine Tailandese gote ha un significato più vasto del termine legge.
Nonostante ciò, utilizzeremo lo stesso questo termine, in quanto è il termine più comunemente usato nelle traduzioni.
La legge naturale è ciò che c‘è di più alto nel Buddhismo. E’ l’equivalente di “Dio” nel Buddhismo. Il Buddha si risveglio a questa legge, e immediatamente dopo elogiò tale legge. Egli disse che tutti i Buddha, quelli del passato, così come quelli del futuro, elogiarono ed elogeranno questa legge del Dharma.
Questa legge è dotata da sei qualità che sono anche gli attributi di Dio, ovvero la caratteristica di:
1.Creare,
2.controllare,
3. distruggere,
4.omninpotenza
5.omnipresenza
6.omniscienza
Chiunque sia dotato di queste sei qualità è chiamato Dio; noi Buddisti abbiamo questa Legge Naturale come entità suprema, e guardiamo a questa legge come all’entità suprema che è dotata di queste sei caratteristiche.
Questo è l’unico Dio accettabile dagli scienziati moderni. E’ la Legge Naturale che non può essere creata da nessuno.
Se c’è qualcuno a qualcosa che crea qualcosa, quella non è la legge, non è il gote, nel senso che questa parola ha in Tailandese, specialmente non è la legge dell’Idapaccayata. Questa legge è unica e include tutte le altri leggi, - tutte le leggi naturali- non le leggi create dall’uomo. Questa legge è insita in ogni atomo che compone il nostro universo e gli altri universi, sia in senso fisico che mentale.
Dobbiamo conoscere questa legge per bene, in quanto tale legge è ciò che governa la nostra vita ed è la causa tutti i nostri problemi. Gli esseri umani otterranno felicità o tristezza tramite l’agire in maniera coerente o meno in riguardo a questa legge, e non attraverso il potere di un Dio personale, e neanche come risultato delle proprie azioni o Karma. Ne parleremo nell’ultimo punto più avanti.
Se ci sarà pace nel mondo o meno dipenderà dal comportarsi in maniera appropriata in riguardo a questa legge.
Vi invito a riflettere su quanto sto per dire in modo da poter valutare il potere di questa legge.
Supponiamo che tutti gli dei vogliano punirci. Potremmo superare il loro potere ed essere liberi dalle loro punizioni comportandoci in accordo a tale legge.
Oppure, supponiamo che gli dei vogliano benedirci. Nonostante ciò, se ci comportiamo in maniera scorretta in accordo alla legge della causalità, magari perché vogliamo essere felici, non ci sarà alcun modo in cui noi potremo ricevere le loro benedizioni. Possiamo notare come questa legge controlli ogni cosa, siano esse cose animate o inanimate. Tuttavia, i problemi sorgono e si manifestano solo nelle cose animate.
La legge della causalità può essere vista come l’equivalente di Dio nelle religioni monoteistiche. Questo Dio è indescrivibile e inclassificabile. Non possiamo conoscere “costui” perché non assomiglia a nessuno che conosciamo.
La legge della causalità- il Dio in questione- è la causa prima e la causa che sostiene ogni cosa ed in ogni momento nel nostro universo; E’ ciò che crea sia le cose positive che quelle negative. Esistono sia risultati positivi che negativi, e tutto a causa di questa legge naturale. Se “costui” fosse un Dio personale “egli” sceglierebbe di creare solo cose positive. Se non desideriamo lo spiacevole, dobbiamo comprendere la legge positiva. Potremmo quindi avere dei risultati positivi praticando in accordo a tale legge.
Il modo di praticare per risolvere tali problemi è detto Dhamma. Il vero problema degli esseri umani è la sofferenza, sia quella individuale, che quella sociale. Gli esseri senzienti soffrono quando agiscono in contrasto con la legge della causalità nel momento del contatto (phassa). Vorrei che conosceste questo tema in maniera completa, in quanto è l’essenza del Dhamma, così lo ora lo ripeterò.
Tutti gli esseri senzienti incontreranno la sofferenza comportandosi in maniera scorretta in riguardo alla legge della causalità o idapaccayata al momento del contatto (phassa); Gli esseri senzienti non incontreranno la sofferenza se si comporteranno in maniera corretta in riguardo a questa legge; tutto ciò è vero specialmente nel momento del contatto.
Ora esamineremo la legge naturale in dettaglio. E’ l’A B C del Buddha Dharma.
Alle volte è chiamata Paticca-samuppada. Insieme, idapaccayata-paticca-samuppada significa: la legge di causa ed effetto, ovvero l’origine di ogni cosa dipendente da condizioni. In breve diciamo: l’originazione dipendente di ogni cosa.
Ma in questo contesto vogliamo discutere solamente ciò che concerne i problemi degli esseri viventi, la sofferenza umana e l’insoddisfazione.
Per comprendere il processo del condizionamento causale dobbiamo cominciare prendendo in considerazione le ayatana, ovvero le sei basi sensoriali e i loro rispettivi sei oggetti dei sensi. Gli ayatana interni sono gli organi sensoriali: occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente. Questi sono dentro di noi. Gli ayatana esterni sono le forme, i suoni, gli odori, i sapori, il tatto e le idee o pensieri nella mente.
Notate come gli occhi entrano in contatto con le forme, le orecchie entrano in contatto con i suoni, il naso entra in contatto con gli odori, la lingua entra in contatto con i sapori, il corpo entra in contatto con gli oggetti tattili, e la mente entra in contatto con le idee. Così abbiamo sei coppie di ayatana. Cerchiamo di comprendere come ciò avviene, nel processo di condizionamento, iniziando con la prima coppia, gli occhi e le forme, per esempio.
A causa dell’ incontro degli occhi con le forme sorge la coscienza visiva. Ora abbiamo tre cose: l’occhio, la forma e la cognizione. Quando questi tre s’incontrano nasce il contatto (phassa). Questo è un aspetto molto importante da comprendere e studiare, perchè Il contatto è il momento in cui l’ignoranza si può manifestare o meno.
Se ci sono le condizioni per l’insorgere dell’ignoranza, le cose andranno nella direzione sbagliata e ciò causerà il sorgere della sofferenza.
Ma se al momento del contatto siamo dotati di un’adeguata consapevolezza e saggezza a presidiare il momento del contatto, non c’è modo, non c’è possibilità per l’ignoranza di sorgere. Sarà quindi un contatto che non potrà essere la causa del sorgere della sofferenza. Dobbiamo studiare, praticare ed addestrarci in modo avere consapevolezza e saggezza da poter impiegare esattamente al momento del contatto.
Approfondiremo questo discorso più avanti.
Ora spiegherò in dettaglio il processo della coproduzione dipendente.(Paticca-samuppada)
Se al momento del contatto c’è ignoranza, -lo chiameremo contatto ignorante- tale contatto causerà il sorgere di una sensazione “cieca,” o ignorante; potrebbe essere una sensazione piacevole o spiacevole, ma comunque ignorante. La chiamiamo sensazione cieca o sensazione ignorante.
Tale sensazione (Vedana) causerà la nascita del desiderio cieco o desiderio ignorante. Con “desiderio cieco” (tanha) intendiamo un desiderare cieco, un desiderare ignorante, un desiderio erroneo, non un semplice desiderare. Dovete comprendere tutto ciò. Quando usiamo il termine desiderio, intendiamo quindi il desiderio cieco, il desiderio dettato dall’ignoranza, espressione dell’ignoranza.
Tale desidero cieco(tanha) causerà il sorgere dell’afferrarsi (upadana). L’afferrarsi che sorge dal desiderio cieco o ignorante è esso stesso ignorante.
L’afferrarsi può nascere in relazione a qualsiasi cosa con cui si viene in contatto, incluso l’interpretazione di questo o quel termine, ( punti di vista e opinioni) o l’afferrarsi a quella cosa come “mia” e a quest’altra cosa come “Io.”
Dovreste comprendere cosa sono i cinque aggregati (khanda in pali o skhanda in sanscrito), perché l’afferrarsi di cui si parla è un afferrarsi a questi cinque khan.
Il primo aggregato è il corpo. Quando il corpo è pienamente funzionante, la mente ignorante ci si attacca considerandolo come il proprio Io, o come qualcosa di “mio” in altri casi. Così possiamo vedere alcune persone generare avversione nei confronti del proprio corpo, con cui si identificano; in altri casi costoro considerano il corpo come esso se gli appartenesse davvero, come il “mio” corpo. Questo è il primo khanda, l’aggregato della corporalità( rupa-khanda)
Il secondo aggregato è quello delle sensazioni (vedana-khanda). Quando sorge una qualsiasi sensazione nella mente, la mente ignorante la registra come la “mia” sensazione, o come Io sono questa sensazione.
Il terzo aggregato è chiamato discriminazione (sanna-khanda). La sua funzione è di discriminare qualcosa come “questo” o “quello“, come “questi” o “quelli“, oppure come questa è la “mia felicità“ o la “mia sofferenza,” o come “buono” e “cattivo.”
In alcuni casi, la mente si afferra alla discriminazione percependola come il proprio Io. In altri casi, la discriminazione è considerata come “mia”, la “mia discriminazione.” possiamo notare che lo stesso elemento può essere afferrato in due modi, come colui che agisce o come l’atto in se stesso.
Poi abbiamo il quarto aggregato soggetto all’afferrarsi, chiamato sankhara-khanda. Sankhara in questo caso ha un significato speciale. Letteralmente sankhara ha il significato di formare, ma in questo contesto specifico indica le formazioni mentali, i pensieri. Come verbo sankhara significa condizionare, far sorgere, causare. Come pronome ha il significato di formazione, che comprende sia l’atto del formare, come anche lo stato di aver formato, o entrambi.
In questo caso sta ad indicare il pensare, perché pensare è far sorgere o causare la nascita del concetto che si sta formando proprio ora nella mente della persona ignorante.
Così uno si attacca a ciò pensando “Io penso” o “questi sono i miei pensieri.” dovreste cercare di notare tutto ciò, riflettendo da voi; osservate come l’afferrarsi lavori in questi due modi.
Ora passiamo al quinto ed ultimo Khanda. L’aggregato delle coscienze (vinnana-khanda).
Esso include la cognizione di tutto ciò che entra in contatto con gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, il corpo e la mente. La persona ignorante si attaccherà alle coscienze, o all’insieme delle coscienze come “questo è il mio Io”, l’Io che è cosciente; altre volte si attaccherà a ciò pensando “queste sono le mie coscienze” queste sono le due modalità.
Così, abbiamo in tutto cinque gruppi a cui attaccarsi. Potete osservare come diveniamo attaccati a molte cose, sia dentro che fuori di noi, come ci attacchiamo ed afferriamo a queste cose. Tutto ciò avviene per mezzo della mente, come “ Io” o come “mio.” Sono entrambi concetti erronei, che non corrispondono cioè alla realtà.
In ogni caso, è solamente attraverso l’ignoranza che i concetti di “Io” e “mio” sorgono in relazione a tali fenomeni.
Ora, torniamo all’afferrarsi che si sviluppa nel processo di Idappaccayaata. Questo afferrarsi causa il sorgere dell’esistenza (Bhava). Bhava è il venire ad essere di qualcosa, ovvero del senso illusorio di un Io. Il sorgere del sé o Io è causato dall’afferrarsi. C’è l’afferrarsi a qualcosa di illusorio tramite pensieri illusori che come conseguenza causano il venire ad essere illusorio. (bhava). A questo punto è venuto ad essere un sé, anche se ancora al suo stadio infantile. Tutto ciò è chiamato Bhava o divenire.
Il divenire causa il sorgere della “nascita” (jati).A questo stadio il Se è pienamente formato e pronto per svolgere la sua funzione: essere un “Io,” un “uomo,” un “sé.” In questo momento c’è un sé, quella cosa immaginata come il proprio “sé” o “Io.” Ora l’Io illusorio è sorto nel processo del sorgere dipendente.
Questo “Io” pensa, agisce e parla in dipendenza dell’afferrarsi. Quindi l’ Io agisce e parla in maniera ignorante, come ad esempio “questo sono Io” o “questo è mio,” o anche “ questa è la mia nascita, la mia vecchiaia, la mia malattia, la mia morte.” Ogni cosa si trasforma in un problema per un tale sé, e questo causa un sacco di problemi alla mente, cosi che la mente sperimenterà sofferenza ed insoddisfazione in qualsiasi situazione.
Questo è il sorgere dipendente, il modo in cui si manifesta la sofferenza nella mente-cuore. In realtà, la sofferenza sorge nella mente, anche se come abbiamo già detto, si pensa che ciò accada all‘ Io.
Comunque, se abbiamo un’ adeguata consapevolezza-saggezza, possiamo apportare tale consapevolezza e saggezza in questo processo nel momento del contatto. Per mostrare come, ripeteremo l’intero processo dall’inizio.
In dipendenza dell’incontro tra l’organo visivo e la forma, sorge una coscienza visiva. Questi tre insieme causano la nascita del contatto (Phassa). Ora, nel caso di una persona dotata di un’adeguata consapevolezza-saggezza, costui, al momento del contatto potrà usare tale consapevolezza-saggezza per governare il contatto. Così sarà un contatto improntato alla saggezza.
Tale contatto saggio, non produrrà una sensazione ignorante, ma una sensazione improntata alla saggezza. Siccome la causa è governata dalla saggezza, quel contatto farà nascere una sensazione saggia (non afflitta). La sensazione saggia non potrà far sorgere il desiderio cieco, ma causerà il sorgere di un desiderio saggio o desiderare con saggezza (volizione non afflitta). Dobbiamo distinguere questa modalità da quella del contatto ignorante. Il contatto saggio o contatto risvegliato farà nascere una sensazione saggia, sia che l’esperienza sia di tipo piacevole o spiacevole.
Questa è la sensazione saggia nata attraverso la consapevolezza. Tale sensazione non potrà causare la nascita del desiderio cieco, ma solo del desiderio saggio, che non può neanche essere chiamato desiderio.
Quindi abbiamo il desiderio saggio. Tale desiderio saggio non può causare il sorgere dell’afferrarsi.
Così non ci sarà afferrarsi al concetto illusorio dell’“Io” e del “mio,” quindi niente venire ad essere del sé e niente nascita del sé.
Non ci sarà alcun “sé”, ovvero niente “Io” o “mio.” quindi niente potrà venire in contatto con questo Io, perché senza Io non ci sarà più alcun problema per la mente.
Così abbiamo visto il sorgere dipendente come processo della NON nascita dei problemi nella vita degli esseri umani.
Potete notare come vi siano due tipi di sorgere dipendente: il primo governato dall’ignoranza ha come risultato la sofferenza. Il secondo governato attraverso la consapevolezza-saggezza segna la fine di tutti i problemi.
Questa è la legge naturale che non è stata creata da nessuno; questa legge si sostiene da sé.
Dobbiamo comprendere ciò. Questo è ciò che il Buddha scoprì al momento del risveglio.
Egli si risvegliò a questa legge, conosciuta con il Dharma supremo, inchinandosi ad essa al
momento del risveglio. Consideriamo questo Dharma, il Dharma del sorgere dipendente, come l’entità suprema. Può essere considerata come il Dio dei buddhisti. È un Dio immortale e impersonale. Vorrei che voi comprendeste tutto ciò. Questa è la via buddista per l’emancipazione da tutti i problemi.
Ora vorrei ricapitolare ciò di cui abbiamo parlato. Questo è l’A, B, C, del Dharma Buddhista.
Ognuno di noi dovrebbe cominciare a studiare e a praticare il Buddha-Dharma partendo da questo A, B, C, del Dharma.
Imparate dalla vostra vita quotidiana attraverso gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, il corpo e la mente, mentre questi stanno svolgendo la loro funzione di vedere, sentire, odorare, gustare, toccare e pensare.
Non cercate di imparare queste cose tramite i libri, puntate all’esperienza diretta.
Ci sono il corpo e gli organi di senso che entrano in contatto con le cose intorno al corpo.
Abbiamo occhi, orecchie, naso e lingua, e quindi dovreste comprendere il loro funzionamento attraverso questi stessi organi.
Se volete studiare il Buddha-Dharma e comprendere il Buddha-Dharma, dovete cominciare dallo studiare queste cose, il cosiddetto A B C del Buddhismo.
Non cominciate i vostri studi dagli immensi sistemi filosofici pre-buddhisti indiani o in modi simili.
E’ inutile studiare quelle cose. Vorrei invitarvi a studiare il Buddha-Dharma iniziando da queste sei coppie di Ayatana: i sei organi di senso e i loro rispettivi oggetti sensoriali nel momento del loro funzionamento nella vostra vita di tutti i giorni.
Non dovreste cominciare da un libro, da un sermone o da un discorso. Tutto ciò vi sarà inutile se volete arrivare al cuore del Dharma.
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